Riparte la svendita del patrimonio di edilizia residenziale pubblica
Il piano di vendita presentato da ATER Venezia
a cura di Orazio Alberti (OCIO)
L’11 maggio la Commissione Urbanistica del Consiglio Regionale ha dato parere favorevole all’approvazione della delibera di Giunta sul piano di vendita di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) presentato da ATER Venezia.
- La proposta
La proposta riguarda l’alienazione di 983 alloggi, di cui n. 224 attualmente sfitti, pari al 11,3% del patrimonio dell’Azienda. Tali alloggi sono stati individuati tra quelli siti in immobili di proprietà mista pubblico-privata, ultimati da almeno 25 anni, che non sono stati oggetto di finanziamenti regionali, statali o comunitari nell’ultimo quinquennio e non ubicati in zone di particolare pregio urbanistico.
Gli alloggi tuttora assegnati potranno essere acquisiti solo dall’assegnatario o da altro componente convivente del nucleo familiare, in locazione da oltre un quinquennio e a un prezzo di vendita pari al prezzo di mercato dell’immobile diminuito del 20%. L’alienazione degli alloggi liberi sarà effettuata con la procedura dell’asta pubblica, con offerte in aumento, assumendo a base d’asta il prezzo di mercato. Gli alloggi acquistati potranno essere venduti dopo cinque anni dalla data dell’acquisto.
Nel quinquennio di validità del piano, ATER ha stimato di poter alienare circa 100 alloggi, il 10% di quelli inseriti nel piano di vendita, di cui 20 sfitti e 80 assegnati, prevedendo un introito complessivo di 5.100.000 euro, con un prezzo medio di cessione stimato in circa 50.000 euro per ogni alloggio ceduto agli assegnatari e di 55.000 euro per ogni alloggio venduto all’asta. Secondo ATER tali somme consentiranno di recuperare circa 305 alloggi sfitti: 105 alloggi nel Comune di Venezia, con lavori per 2.100.000 euro e 200 alloggi nei comuni della Città Metropolitana di Venezia con lavori per 3.000.000 di euro.
2. Alcune considerazioni generali
L’ obiettivo da sempre dichiarato per giustificare l’alienazione delle abitazioni ERP è quello di reperire risorse per restaurare il patrimonio residenziale pubblico, ampliando l’offerta abitativa attraverso il recupero degli alloggi sfitti.
Un obiettivo sempre meno credibile: tra il 2000 e il 2020 nella Città Metropolitana di Venezia, ATER ha venduto 1.750 abitazioni, ma il fatturato incassato dalle vendite non ha impedito il progressivo degrado del patrimonio e l’abnorme crescita dello sfitto: dalle 411 abitazioni del 2009 alle 2.077 del 2020, pari ad oltre il 20% del patrimonio di proprietà dell’Azienda.
Il motivo fondamentale è il sempre più vistoso disinvestimento pubblico nell’ERP: nel periodo 2009–2020 i finanziamenti statali e regionali attribuiti ad ATER Venezia per interventi di nuova costruzione, manutenzione e recupero edilizio, acquisto, assumono un andamento costantemente decrescente passando dai 18,4 milioni di euro del 2009 ai 3,5 del 2020, con un crollo pesante dal 2016. Negli ultimi anni gli investimenti non riescono nemmeno a coprire gli stanziamenti programmati per la sola manutenzione ordinaria, pari a quattro milioni circa di euro l’anno.
Non è pensabile che una caduta di questa portata possa essere, anche solo in parte, compensato dai ricavi dell’alienazione del patrimonio che, anzi, a loro volta regrediscono, dai 4,7 milioni di euro del 2009 ai 200 mila euro incassati da ATER nel 2020.
Infatti, nonostante i faraonici piani di vendita preventivati da ATER e deliberati dalla Giunta regionale, le abitazioni effettivamente vendute rappresentano una quota via via decrescente di quelle potenzialmente cedibili: dal 26,3% della L.560/93 al 3,2% della L.R.7/2011.
Per semplificare in numeri: si passa dalle 894 abitazioni cedute nel quinquennio 2000–2004, alle 73 del quinquennio 2016–2020, con una marcata contrazione del ricavato, nonostante l’aumento dei prezzi medi di cessione.
3. Come valutare il nuovo piano di vendita proposto da ATER?
- Circa 2/3 delle 983 abitazioni vendibili si localizzano in comuni dichiarati dal CIPE “Ad alta tensione abitativa”, comuni dove il disagio abitativo, il numero di sfratti rispetto ai residenti, i casi di morosità incolpevole assumono caratteri di gravità e urgenza. Oltre la metà di queste abitazioni sono ubicate nella Terraferma veneziana; le restanti nei comuni di Chioggia, Iesolo, Mira, S. Donà, Spinea. Che senso ha vendere abitazioni pubbliche, specie se sfitte, in comuni che invece avrebbero estrema necessità di un ampliamento del patrimonio di ERP?
- Le abitazioni vendibili sono state tutte edificate da più di 30 anni; 790 abitazioni da più di 40, la metà da oltre 50 anni e da almeno 10 anni non hanno beneficiato di finanziamenti pubblici; 940 su 983 non sono state finanziate almeno dal 2005 (a quando risalga l’ultimo finanziamento non è dato sapere). Questo significa che gli interventi di manutenzione a carico dell’Azienda, qualora siano stati eseguiti, sono databili a decenni fa. Si tratta quindi di alloggi vecchi, ubicati in edifici dai livelli manutentivi mediocri o scadenti. Del resto, se si guardano i prezzi di cessione preventivati da ATER per i primi 100 alloggi da vendere in cinque anni — 55.000 euro se vuoti, 50.000 se assegnati — ci si rende conto della modestia degli immobili.
- Il prezzo di cessione per gli inquilini è sicuramente di favore, ma non paragonabile a quello fissato dalla L.560/93, che dava la possibilità di acquistare abitazioni costruite anche pochi anni prima a un prezzo pari alla rendita catastale moltiplicata per 100, con riduzione dell’1% per ogni anno di anzianità di costruzione dell’immobile, fino al limite massimo del 20 per cento e un’ulteriore riduzione del 10% se l’inquilino avesse pagato in un’unica soluzione. Se tra il 2001 e il 2004 il prezzo medio di cessione variava dai 25.000 ai 40.000 euro, nel quinquennio 2016–2020 era salito a 45.000–60.000 euro.
- In compenso la normativa prevede, forse per accrescere l’appeal dell’acquisto, che dopo cinque anni l’alloggio possa essere rivenduto, dimezzando i tempi (10 anni) previsti dalla L. 560/93.
- Un elemento molto importante per la riuscita del Piano di vendita è la propensione all’acquisto da parte degli inquilini. E qui va ricordato che gli assegnatari di alloggi ATER, sono per il 76% persone sole o coppie; sempre più anziani — il 60% ha più di 65 anni — il 41% denuncia un reddito fiscale annuo inferiore a due pensioni minime INPS (dati 2018). La propensione all’acquisto per questi nuclei non appare dunque elevata, considerando l’età elevata, i fitti relativamente bassi, i redditi modesti, la garanzia della permanenza nell’alloggio, anche ove non vogliano acquistare.
L’insieme di questi elementi pongono quindi una seria ipoteca sull’effettiva riuscita del nuovo piano di vendita, specie in questo lungo periodo di perdurante crisi economica. Ma anche ammettendo che il piano di vendita vada a buon fine, quali sarebbero i vantaggi economici per ATER?
L’Azienda conta di incassare in cinque anni 5,1 milioni di euro, con i quali restaurare 305 alloggi sfitti. Nel quinquennio 2016–2020 ATER ha incassato dalle vendite 6 milioni di euro; nel frattempo gli alloggi sfitti sono aumentati da 1.535 a 2.077. Vendere per ampliare e migliorare il patrimonio residenziale pubblico è sempre meno credibile; serve solo per coprire, in modo assolutamente inadeguato, la carenza di investimenti pubblici e per liberare gli Enti gestori di abitazioni, specie se sfitte, che richiederebbero notevoli risorse per essere recuperate e riassegnate. Quello che da decenni manca è un piano pluriennale di intervento sull’edilizia residenziale pubblica, che non può essere sostituito dagli scarsi ricavi delle alienazioni, che, come abbiamo visto, depauperano il patrimonio senza dare un significativo contributo al suo miglioramento.
Per concludere, è bene ricordare che il patrimonio di ERP è stato finanziato o dalle trattenute in busta paga dei lavoratori dipendenti o, dopo la fine della GESCAL, dalla fiscalità generale, non per essere ceduto in proprietà, ma per offrire una casa a basso canone alle fasce deboli del mercato.