In fila per la casa popolare a Venezia
Le graduatorie provvisorie dell’ultimo bando comunale per le case popolari hanno molto da dirci sulla questione casa
di Patrizia Veclani e Orazio Alberti [*]
Analizzando le graduatorie provvisorie del bando Erp 2019 del Comune di Venezia emerge una più forte domanda da parte delle famiglie della Venezia insulare. Nel complesso, poi, il 77% dei richiedenti si trova in una condizione economica di assoluta fragilità, e la precarietà abitativa affligge ben il 19%. Tuttavia la premialità dei punteggi per la lungoresidenza nel Comune non sembra restituire un quadro coerente con i bisogni delle famiglie. Mentre scriviamo, la Corte Costituzionale ha inoltre dichiarato illegittimo il criterio di ammissibilità delle domande basato sulla durata della residenza anagrafica.
la prima parte di questo articolo analizza gli effetti della nuova legge regionale Erp n. 39/2017 e si trova qui
/2 / Le graduatorie per le case popolari e gli effetti del premio di residenza
A gennaio 2020 il Comune di Venezia ha pubblicato le graduatorie provvisorie del bando per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Erp, le cosiddette case popolari) emesso l’anno precedente. Abbiamo così appreso che le domande presentate sono state 2.351 in tutto il Comune; in pratica, su mille famiglie residenti, 18 hanno fatto domanda per una casa popolare, meno di quante si erano presentate al bando del 2010 (22).
Rispetto ai bandi precedenti, però, sono state introdotte delle novità e sono ragguardevoli: innanzitutto è cambiata la legge regionale di riferimento, che ha modificato i parametri di ammissibilità e di valutazione delle domande; inoltre l’amministrazione comunale, a differenza di tutti i bandi precedenti, ha scelto di dividere il bando in due, uno per Venezia insulare (il cosiddetto centro storico + le isole) e l’altro per Venezia terraferma. Di conseguenza ogni famiglia ha dovuto scegliere in anticipo a quale bando partecipare.
Se ne deduce che anche le assegnazioni di alloggi discenderanno da tale scelta e le famiglie assegnatarie avranno un alloggio nella zona per la quale hanno fatto domanda. A prima vista potrebbe sembrare una scelta condivisibile per evitare, ad esempio, che un residente della Venezia insulare sia obbligato ad accettare un alloggio in terraferma. Ma si tratta di un vantaggio apparente: già dagli anni ’90 infatti, nonostante il bando unico, le assegnazioni venivano effettuate nella zona di residenza del richiedente. Per contro, vi sono svantaggi nello sdoppiamento che si colgono meglio se analizziamo le domande in rapporto alla provenienza e agli alloggi disponibili nei due diversi ambiti:
Come si vede, dalla Venezia insulare emerge una più marcata pressione abitativa che spinge una quota più consistente di famiglie a chiedere la casa popolare. Inoltre, nell’ambito della Venezia insulare il prossimo anno si renderanno disponibili meno alloggi rispetto alla terraferma, di conseguenza una famiglia per poter avere un’assegnazione nella Venezia insulare avrà bisogno di più punti rispetto a chi la chiede in terraferma.
Gli esclusi
Non tutte le domande sono state ammesse, circa il 5% è stato escluso. Ma una quota più rilevante delle domande escluse è tra quelle della Venezia insulare, che raggiungono circa il 10% di quelle presentate da questa zona. Più di metà delle domande escluse lo sono per mancata produzione dell’Isee, non sappiamo se queste famiglie avranno la possibilità di integrare la domanda e in seguito essere ammesse nella graduatoria definitiva.
Vediamo che la mancata produzione dell’Isee caratterizza fortemente le domande della Venezia insulare e in particolar modo i nuclei composti da una sola persona (v. Figura 5). Molto probabilmente si tratta di persone sole, forse anziane, che non hanno saputo produrre per tempo la documentazione necessaria. Tuttavia, anche l’esclusione per superamento del limite Isee si incontra con più frequenza tra le domande della Venezia insulare, segno plausibile che anche nuclei non marginali si trovano costretti a rivolgersi all’aiuto pubblico per ovviare a costi abitativi del mercato troppo elevati. Non sappiamo quanti di loro sarebbero stati ammessi se nel frattempo la legge regionale non avesse abbassato le soglie Isee.
Gli ammessi
La presenza non trascurabile dei nuclei monocomponente si rileva anche tra le famiglie che sono state ammesse in graduatoria: un terzo delle domande complessive è stato presentato da famiglie di questa tipologia, quota che arriva addirittura quasi al 40% tra le domande della Venezia insulare.
D’altronde i nuclei monocomponenti rappresentano quasi metà delle famiglie del Comune (45,5%). Rapportando le domande in base alle famiglie residenti di pari numerosità, si vede come queste crescano in ragione del numero di componenti:
L’idoneità e il sistema di punteggi
Essere ammessi alla graduatoria non significa avere l’assegnazione di un alloggio poiché, a causa del limitato numero di abitazioni disponibili, comporta solo avere un’idoneità all’assegnazione. L’idoneità è stabilita dalla legge regionale 39/2017[1] e in sintesi prevede criteri relativi alle condizioni economiche (Isee-Erp inferiore a 20.000 euro), alla cittadinanza, alla residenza (almeno 5 anni di residenza nel Veneto negli ultimi 10) e non aver avuto condanne per “invasione di terreni o edifici” negli ultimi 5 anni. In merito al requisito della residenza, la Corte Costituzionale ne ha stabilito l’illegittimità[2], di conseguenza si presume che la legge regionale di riferimento andrà rivista, il bando comunale andrà riaperto e queste graduatorie, ancorchè provvisorie, dichiarate nulle. Tuttavia, vediamo come sono regolate.
Se l’idoneità consente l’ingresso nella graduatoria, la posizione in essa è stabilita dai punteggi; questi vengono assegnati secondo diversi gradi di emergenzialità che caratterizzano le condizioni oggettive e soggettive del nucleo familiare; in parte questi punteggi sono definiti dalla legge regionale[3]:
[1] Per una disamina della legge regionale n. 39/2017 vedi: https://ocio-venezia.it/analisi/erp/2019/08/27/legge-regionale-erp/
[2] Corte Costituzionale, sentenza n. 44/2020 che rileva come vi siano criticità nell’utilizzare la residenza anagrafica come prova di permanenza nel territorio: “la previa residenza ultraquinquennale non è di per sé indice di un’elevata probabilità di permanenza in un determinato ambito territoriale, mentre a tali fini risulterebbero ben più significativi altri elementi sui quali si può ragionevolmente fondare una prognosi di stanzialità.(…) lo stesso “radicamento” territoriale, quand’anche fosse adeguatamente valutato (non con riferimento alla previa residenza protratta), non potrebbe comunque assumere importanza tale da escludere qualsiasi rilievo del bisogno”.
[3] Le condizioni e i relativi punteggi riguardanti il disagio abitativo (sovraffollamento, alloggio antigienico) ricalcano quelle della L.R.19/90, che a sua volta riprendeva, con poche modificazioni, il DPR1035/72. Sono condizioni che, per fortuna, sono ormai marginali e andrebbero affiancate ad altre più consone alle condizioni abitative attuali.
La stessa legge regionale dà facoltà ai Comuni di aggiungere ulteriori condizioni “con riferimento particolari situazioni presenti sul proprio territorio” per le quali assegnare un punteggio da 1 a 8; il Comune di Venezia individua queste fattispecie:
Vale la pena ricordare che, per il bando Erp del 2005, il Comune aveva individuato voci di priorità come, ad esempio:
- un canone di affitto che supera il 50% del reddito, indipendentemente dall’età;
- rilascio dell’alloggio per separazione/divorzio, per risolvere coabitazioni particolarmente dolorose;
- alloggio soggetto ad alta marea, per dare risposta alle situazioni critiche di chi nella Venezia insulare vive al di sotto di un certo livello mareografico, condizione che si è mostrata particolarmente grave proprio in occasione della recente mareggiata del 12 novembre 2019.
L’eccesso di riconoscimento per la lungoresidenza
Senza entrare nel merito delle definizioni di priorità tramite punteggi, che possono falsare la gravità vera del bisogno abitativo espresso, una cosa salta all’occhio. Facciamo un esempio: tra due nuclei di anziani over 68 che pagano entrambi 600 euro di affitto, l’amministrazione veneziana conferisce maggior priorità a quello con un reddito di 2.000 euro ma residente da 30 anni a Venezia (8 punti) rispetto a quello con un reddito di 1.000 euro residente da 15 anni (circa 4–6 punti). Ma, tra i due, è senza dubbio il secondo ad aver più urgenza di un alloggio ad affitto calmierato. Allargando lo sguardo a tutti i nuclei e non solo quelli di anziani, si vede come la lungoresidenza nel Comune abbia priorità sulle condizioni di coabitazione, di sovraffollamento, di alloggio antigienico, di fragilità economica, di disabilità e di monogenitorialità, per dirne alcune. Se può essere condivisibile una priorità a favore dei lungoresidenti nel Comune a parità di altre condizioni di disagio socio-economico e abitativo, non è questo il risultato voluto da questo bando[1].
Tra tutte le domande ammesse nella graduatoria provvisoria, sono 96 quelle che riportano qualche punteggio per soli motivi di residenza. In media queste domande hanno un punteggio di 14,1 ma sono ben 71 le domande che raggiungono il massimo dei 15 punti ottenibile con la sola residenza (7 punti per residenza in Veneto e 8 per lungoresidenza nel Comune).
Sono 44, invece, le domande che acquisiscono come unica voce di punteggio la condizione economica particolarmente svantaggiata; in media queste famiglie sono in graduatoria con 3,2 punti.
Indipendentemente da tutti gli altri fattori, 644 domande riportano almeno un punteggio relativo a qualche situazione problematica con l’alloggio[2]. Il loro punteggio medio è di 7,8 (10 quello mediano) e 612 di queste domande hanno un punteggio inferiore ad almeno una domanda che ha solo il punteggio per la residenza.
[1] Si ricorda che la residenza anagrafica può non rispecchiare una residenza effettiva in tutti quei casi in cui la persona non dichiari un trasferimento fuori Comune o, al contrario se, pur vivendo stabilmente nel Comune, non possa stabilirvi la residenza anagrafica (si pensi a chi ha un contratto d’affitto transitorio).
[2] Dimora procurata a titolo precario, coabitazione, sovraffollamento, alloggio antigienico, sfratto o mancanza di alloggio da almeno un anno.
Le fragilità delle famiglie lette attraverso i punteggi
Vediamo allora come si distribuiscono i punteggi nelle graduatorie. Innanzitutto, vediamo come la media dei punteggi raggiunti dalle famiglie della Venezia insulare sia più alta di quelle delle famiglie di terraferma: 17,8 vs 15,5. Infatti, ben il 33% delle domande per la Venezia insulare ha un punteggio tra 15 e 20, la fascia più numerosa. Questo può essere uno degli effetti distorsivi indotti dalla sovravalutazione della lungoresidenza: delle 96 domande che vantano solo questo punteggio, infatti, ben 66 sono nella Venezia insulare.
Inoltre, ben il 73,9% delle domande della Venezia insulare reca un punteggio per la lungoresidenza, contro il 52,2% delle domande dalla terraferma.
Non è solo questa caratteristica a distinguere le domande dei due bandi: abbiamo già visto come tra le domande dalla Venezia insulare siano fortemente presenti i nuclei monocomponente, a questo si aggiungono altre caratterizzazioni.
Dalla terraferma maggiori fragilità legate a reddito e condizioni abitative inadeguate, dalla Venezia insulare più legate agli sfratti e ad affitti alti.
Se dovessimo tracciare due profili-tipo che caratterizzano le famiglie dei due bandi, potremmo dire che la terraferma segnala una maggior quota di famiglie in disagio economico, con presenza di disabili, o caratterizzate da difficoltà come la coabitazione e il sovraffollamento (14,3% vs 5,8% della Venezia insulare). Dalla Venezia insulare emerge una maggior quota di nuclei familiari di recente formazione o criticità legate a uno sfratto esecutivo o ad anziani che pagano un affitto che si porta via più del 70% del loro reddito.
In generale, la condizione che potremmo definire di precarietà abitativa o mancanza di alloggio (sfratto esecutivo, vivere in una dimora procurata dall’assistenza pubblica o essere privi di alloggio da almeno un anno) riguarda ben 1 famiglia su 5 (il 19% dei richiedenti).
Larga la quota di famiglie che erano già state in graduatorie Erp precedenti (18,6%) che non sono sfociate in un’assegnazione e che nel frattempo evidentemente non hanno trovato alternative. Tante hanno anche partecipato invano ai bandi per l’autorestauro di alloggi pur avendo diritto all’Erp, segno di un’intraprendenza che eccede il dovuto.
Infine, ben il 77% dei richiedenti si trova in una condizione economica di assoluta fragilità.
I bandi precedenti
I bandi Erp che precedono quest’ultimo del 2019 nel Comune di Venezia datano 2010 e 2005[1].
Come si vede dalla Figura 12, se ai bandi del 2005 e del 2010 hanno partecipato circa 22 famiglie ogni 1.000 residenti nel Comune, nel 2019 l’incidenza si è abbassata al 18,3. Dato che il bisogno del bene-casa non è certo diminuito negli ultimi 10 anni[2], tale differenza con tutta probabilità è imputabile ai mutati criteri di idoneità che, come abbiamo visto, hanno ristretto le possibilità di partecipazione.
Per quanto riguarda il bilanciamento tra Venezia insulare e terraferma, il dato di una maggiore incidenza di domande in rapporto alle famiglie residenti nella Venezia storica permane nel tempo; anche nel 2005, su 100 domande presentate ben 44,5 venivano da qui, sebbene solo 34 famiglie su 100 vi risiedessero.
[1] I bandi emanati tra il 2010 e il 2019 infatti sono riservati solo a particolari categorie di persone.
[2] Se “l’Italia si distingue tra i Paesi europei più sviluppati per una scarsa disponibilità di alloggi con costi commisurati ai redditi” (Mariani e Falasca, 2018) -redditi fortemente ridimensionati a partire dalla crisi del 2008- Venezia subisce questa scarsità in misura maggiorata dall’accentuata pressione turistica degli ultimi anni.
Altre criticità
Oltre a quelle viste, occorre segnalare altre criticità. La prima riguarda l’utilizzo dell’Isee per determinare idoneità e punteggi: oltre a quanto già analizzato riguardo alla capacità di questo indicatore di riflettere la reale condizione familiare rispetto all’accesso alla casa[1], va aggiunta un’ulteriore questione. Questo indicatore detrae dal reddito familiare l’ammontare del canone di affitto corrisposto nell’anno, in modo da tener conto in modo più accurato del reddito effettivo disponibile. Per poter effettuare questa detrazione occorre fornire gli estremi del contratto di locazione che, quindi, deve essere regolarmente registrato. Sono però numerosi i casi in cui gli inquilini che, pur pagando regolarmente l’affitto, non hanno un contratto registrato, e non si tratta solo di inquilini del mercato privato cosiddetto “in nero” poiché anche gli Enti, e Ater stessa, in più casi non adempiono a quest’onere[2]. Non solo la Regione non ha contemplato questi casi nella legge regionale, ma non lo ha fatto nemmeno il Comune nel suo bando, dove avrebbe potuto, come abbiamo visto, far valere loro almeno qualche punto in più, così da far emergere situazioni di insostenibilità economico-abitativa.
Un secondo elemento che può sembrare secondario -forse lo è ma ci preme segnalarlo affinchè si eviti in futuro- riguarda l’intestazione della domanda. Nelle domande presentate da una coppia o una famiglia, il sistema comunale intestava la richiesta all’uomo in tutti i casi, anche quelli in cui a rivolgersi all’ufficio o a presentare la domanda on line fosse stata la donna. Ci sembra doverosa un po’ più di attenzione anche a questi aspetti che rischiano di reintrodurre surrettiziamente vecchie attribuzioni di ruolo abbandonate da tempo come quella del capofamiglia.
[1] P. Veclani, “Tutti in fila per un diritto”, Ossservatorio OCIO, https://ocio-venezia.it/analisi/erp/2019/08/27/legge-regionale-erp/
[2] Si pensi ai casi di inquilini che hanno avuto un alloggio in regime di social housing e nel frattempo hanno perso i requisiti di reddito, cioè si sono impoveriti. A questi inquilini è stato semplicemente lasciato decadere il contratto, senza rinnovo, trovandosi così in condizione di “occupazione di alloggio” pur corrispondendo il canone regolarmente; un canone evidentemente diventato più oneroso di quanto possano ormai permettersi ma che non possono far valere nell’Isee per le domande di prestazioni sociali.
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